Eccezionale scena iniziale con i titoli di testa.
New York, 2002. Monty Brogan (Edward Norton) è uno spacciatore di droga di origine irlandese, domani andrà in prigione e vi trascorrerà 7 anni meno 84 giorni per buona condotta.
In questo suo ultimo giorno di libertà incontrerà la fidanzata Naturelle (Rosario Dawson), che forse l’ha tradito consegnandolo alla polizia, gli amici Jacob (Philip Seymour Hoffman), professore ebreo di liceo innamorato di una sua studentessa (Anna Paquin), e Frank (Barry Pepper), manager di Wall Street stressato, il padre (Brian Cox), che vive nel ricordo della moglie morta gestendo un bar, il capo mafia Nikolaj, che non ha tradito e per il quale andrà in galera.
Il tutto sullo sfondo di una cupa New York dilaniata dall’attentato alla Torri Gemelle.
Spike Lee gira, a mio sommesso avviso, il suo capolavoro, superiore ai notevoli Malcolm X, Inside Man, Clockers.
La vicenda personale di Monty si fonde perfettamente con l’atmosfera della città di New York, criticata ma amatissima dal regista, che in fondo gira una dichiarazione d’amore nei suoi confronti. Come in Manhattan, film diversissimo ovviamente, la città non è un mero sfondo sul quale si svolge la storia ma è proprio parte integrante della vicenda (emblematica il dialogo fra Jacob e Frank di fronte alla finestra).
Tutto è studiato e pensato, dal poster di Nick mano fredda (il film dove Paul Newman interpreta un galeotto ribelle) nella casa di Monty all’arrivo in discoteca (scena che rimanda a C’era una volta in America, con il ponte sullo sfondo), dal piccolo cortometraggio finale che lascia un labile dubbio sul finale della storia alla colonna sonora perfetta.
Attori eccezionali. Edward Norton e Barry Pepper (sicuramente alla sua migliore interpretazione) su tutti ma anche il “solito” Hoffman, il cui personaggio è forse il simbolo del crollo della morale e dei costumi, anche in misura maggiore rispetto allo spacciatore protagonista di cui, alla fine, lo spettatore inizia a prendere anche un po’ le parti, nonostante le reprimende di Jacob.
Sceneggiatura e soggetto di David Beniof (quando si dice un cinema verboso ma che ha qualcosa da dire), eccellente fotografia di Rodrigo Prieto (21 grammi, Argo…), musiche di Terence Blanchard.