Da qualche giorno sono finalmente in ferie, dopo un lunghissimo periodo di lavoro e studio durato, praticamente, 2 anni: l’estate scorsa è trascorsa studiando per l’esame di Stato orale, poi dopo 6 giorni in Sicilia, altri 9 mesi intensissimi di lavoro, con numerosi sabati passati in ufficio.
In questo lungo periodo il mio amore per il cinema è rimasto immutato ma la visione di film e le scorribande al cinema si sono ridotte notevolmente. Approfittando di questi primi giorni di ferie, e di questo tempus orribilis, mi sono “ricinefilizzato” e fra le molte opere viste vorrei soffermarmi un po’ sul cinema francese.
Premessa doverosa, si parla del cinema attuale e non di quello storico.
Rispetto ai film italiani nei film francesi c’è sempre un quid in più, che non saprei nemmeno specificare o individuare con precisione, e durante la visione si nota una cura superiore ai particolari, una migliore qualità complessiva del prodotto: anche nelle commedie “minori”, in cui una buona intuizione si traduce in un film interessante e con uno sviluppo discreto.
Prendete, per esempio, Paulette: una pensionata sola (Bernadette Lafont, una sterminata carriera, da poco scomparsa), con una pensione da fame, decide di arrotondare spacciando erba nelle desolanti periferie francesi, con risultati bizzarri e inaspettati. Un buon soggetto (seppur non originalissimo, vedi “L’erba di Grace), qualche tema sociale importante su cui riflettere (la vecchiaia, la solitudine, l’assenza di prospettive e di benessere per tutti gli abitanti delle sterminate e orribile banlieu francesi, l’integrazione razziale), e uno sviluppo intelligente. Siamo lontani da un capolavoro ma è comunque un’ora e mezza di buon cinema che, attraverso il registro comico, fa riflettere e diverte.
Lo sviluppo narrativo è migliore rispetto a Smetto quando voglio dove si parte da un buon soggetto, con un problema vero della nostra società (la difficoltà dei giovani di inserirsi nel mondo del lavoro, l’assenza di meritocrazia), che però poi viene raccontato in maniera troppo macchiettistica.
Altra commedia, di valore ancora minore, è 20 anni di meno, commediola romantica comunque divertente che parte da un dato sociale: donne attraenti che escono con uomini molto più giovani, in una par condicio con l’uomo maturo che ammalia la ragazzina o la giovane donna. Ma la società è pronta ad accettare davvero questo fenomeno (frivolo, non siamo di fronte ad una vera problematica sociale come in Paulette o nei film di Loach) ? Siamo di fronte a un fenomeno modaiolo, particolarmente diffuso in certi ambienti ?
Permettemi una nota, da uomo, di apprezzamento per la protagonista Virginie Efira. Ah, segnatevi anche il nome di Pierre Niney, un attore che si farà…
Anche qua lo sviluppo è divertente e c’è molta attenzione sui costumi, sulla grafica, sui dialoghi serrati, una cura che dimostra passione verso il cinema e buone maniere filmiche, da bravi artigiani non improvvisati, improvvisazione e mancanza di qualità e di cura che spesso si notano in molti film italiani.